Si sa, gli italiani sono tutti allenatori quando ci sono i mondiali, sono tutti ministri dell’economia quando c’è la finanziaria, sono tutti capi scout quando succede una tragedia. La morte di Chiara mi ha molto toccato. L’affido alla misericordia di Dio e prego per la sua famiglia e per il suo gruppo scout. Mi stanno ferendo tante affermazioni che sento, in particolare sui suoi capi, a cui va il mio affettuoso, per quanto piccolo e inutile, pensiero. Sento gridare da ogni angolo: “irresponsabili!”. Vorrei fare alcune considerazioni.
I capi di Chiara sono giovani adulti che mettono in gioco almeno due sere alla settimana, almeno cinque giornate intere ogni mese e almeno 15 giorni consecutivi ogni anno per amore di Chiara e dei suoi fratelli e sorelle Scout, perché credono che vivere l’avventura dello scautismo renda uomini e donne migliori. Oggi sono giovani adulti che probabilmente sono secondi solo ai familiari di Chiara per il dolore che sentono nel cuore. Mi addolora pensare che dei cristiani arrivino al massimo ad apostrofarli come irresponsabili, senza un minimo di compassione per un dolore che posso pensare enorme. Si fa i capi scout per una questione d’amore (per chi non lo sapesse, totalmente a titolo gratuito). E vorrei esprimere un pensiero di affetto per i familiari di Chiara, per i suoi fratelli e sorelle Scout e per i suoi fratelli e sorelle maggiori che sono i suoi capi che di sicuro stanno vivendo un dolore difficilmente descrivibile.
Una seconda considerazione. Ho l’impressione che viviamo la vita con l’illusione che sia possibile affrontarla “ad impatto zero”. Come se questa terra fosse il paradiso, e quando qualcosa non torna deve essere per forza colpa di qualcuno. Sembra sia stata aperta un’indagine, e si valuteranno le responsabilità degli adulti coinvolti. Ma facevo questa riflessione: fino a ieri ero in Val Codera con un gruppo di ragazzi delle medie. Mercoledì mattina li ho portati a fare il bagno in un torrente. Ho aspettato che sorgesse il sole, ho cercato dove mi sembrava non ci fossero pericoli. I ragazzi sono tornati a casa tutti contenti a raccontare questa esperienza ai genitori. Ma cosa sarebbe successo se un ragazzo fosse scivolato su una roccia e fosse successo il peggio? Certamente oggi sarei il prete irresponsabile, non esperto di montagna che ha esposto i ragazzi a un pericolo inutile. Nei miei anni di scautismo ho preso decine di temporali in tenda. I ragazzi sono sempre tornati a casa raccontando l’esperienza di aver costruito un rifugio adatto alla circostanza. Probabilmente sarebbe successa la stessa cosa a Chiara e ai suoi amici. Ma questa volta un albero è caduto e ha causato quel che è successo. Quanto è sottile il confine tra l’essere degli irresponsabili e l’essere degli educatori che offrono esperienze che ormai oggi nessuno fa più fare, oppure importantissime dal punto di vista educativo? Insegno a scuola da diversi anni: ormai è sempre più difficile trovare un insegnante che accompagni i ragazzi in gita, perché tra l’essere l’insegnante buono che accompagna i ragazzi ed essere un delinquente che non ha vigilato adeguatamente, in mezzo ci sono 1000 fatalità che possono succedere. Gli insegnanti lo sanno bene che puoi essere il più attento di questa terra, ma non puoi prevenire tutto, e allora giustamente dicono: “ma chi me lo fa fare gratis?!“. E i 20.000 capi italiani che vivono l’avventura dello scautismo restano tra i pochi folli che portano i ragazzi nei boschi, che accendono con loro dei fuochi, che dormono in tenda, che passano del tempo con loro immersi nella natura. Perché pensano che il libro della creazione si possa vivere solo immergendosi, e ha tanto da insegnare sulla vita e su Dio. Ma su questa terra non siamo in paradiso. E le tragedie succedono e non è colpa di nessuno.
Lo so che sto dicendo una cosa molto forte, ma penso vada detta: se vuoi vivere un’esperienza nella natura il rischio zero non esiste. Lo si può ridurre al minimo con tutte le attenzioni del caso. In Italia ci sono circa 2000 gruppi scout. Se consideriamo circa 80 giorni di attività per gruppo, parliamo di 160.000 giorni all’anno con ragazzi minorenni immersi nella natura. Purtroppo di queste 160.000 giornate una è andata storta, troppo storta, in modo insopportabilmente storto. Ma non è colpa di nessuno, è che siamo vivi, e siamo vivi in questa valle di lacrime che è la nostra terra, tanto bella ma piena di fragilità.
Forse abbiamo tanto bisogno di esperienze di fraternità e di condivisione come quelli che i capi di Chiara stavano offrendo a lei e ai suoi amici. Così che, di fronte alle tragedie, possiamo rimanere umani e accendere la fiaccola della solidarietà e della compassione, senza cedere alla tentazione di partire con la caccia alle streghe.
E a Chiara il pensiero più affettuoso: buona strada!
Don Manuel Belli
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